Il turista casuale legge: Da Romano vecchia a Romano nuova di Riccardo Caproni

Solitamente, quando si parla del fenomeno dell’incastellamento, si cita come effetto collaterale la scomparsa di decine e decine di piccoli villaggi, che si spopolarono in quanto sprovvisti di fortificazioni che potessero proteggerli dai nemici. Non è la prima volta che il turista casuale entra in contatto con questo fatto: viene sempre in mente il caso di Palosco o di Martinengo, che nella toponomastica locale rimandano ad antichi insediamenti di cui non rimane più traccia. Nel caso di Romano, il fatto che ne esistesse una più antica e l’attuale, quella più “moderna”, non rimanda al fenomeno dell’incastellamento, ma può ricordare quanto già visto per il castello di Covo, riedificato da Buoso da Dovara in un territorio più settentrionale perché meglio difendibile grazie alle acque dei fontanili.

Da Romano vecchia a Romano nuova

Il professor Riccardo Caproni, di cui spesso il turista casuale ha letto con interesse gli studi, ha appena pubblicato un piccolo volume sulla storia della cosiddetta Rumano Vetere e sulla ricostruzione del nuovo centro a partire dal 1171: il nostro antico villaggio era stato costruito in un territorio più meridionale rispetto all’attuale centro storico, e si trovava praticamente sul confine delle diocesi di Bergamo e di Cremona, città entrambe ghibelline e alleate. Nel libro vengono citati due documenti, uno del 1148 e uno del 1169, molto utili per avere un’idea di quella che poteva essere la situazione della vecchia Romano. Nel documento del 1148 è scritto che il vecchio villaggio era dotato di un fossato e di un terrapieno difensivo, oltre che di quattro porte. Al suo interno si trovava la chiesa di Santa Maria, sottoposta alla giurisdizione della pieve di Ghisalba, proprietà della diocesi di Bergamo. Vengono anche ricordate altre due chiese: quella di Sant’Eusebio, che oggi i romanesi conoscono con la nuova dedicazione a san Giuseppe, e quella di San Giorgio, di cui sono state scoperte le fondamenta durante dei lavori stradali. Queste due chiese, entrambe pubbliche come Santa Maria ma sprovviste di fonte battesimale, servivano gli scomparsi villaggi di Zeveto di Sopra e Zeveto di Sotto, e dipendevano dalla pieve di Calcio. Nel documento successivo vengono nominate solo tre porte, ma sostanzialmente non ci furono grandi cambiamenti nell’assetto della vecchia Romano. Tornando alla complicata questione delle chiese, perché questa particolare situazione? Secondo la ricostruzione di Caproni, il vecchio scolmatore che poi nel XIII secolo è diventato il Fosso Bergamasco, poco più a monte della cascina Castellana, al posto di correre verso sud come è adesso doveva proseguire verso ovest, andando a tagliare in due la vecchia Romano e segnando il confine fra le due diocesi e le loro aree di influenza.

La zona absidale dell’antica chiesa di San Giuseppe, già conosciuta con la dedicazione a sant’Eusebio.
Fonte: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/BG020-00403/

Continuando nella lettura del volumetto, finalmente viene ribadito che Romano non è mai stata distrutta da Federico Barbarossa: Caproni scrive che

(…) nessuna cronaca bergamasca del tempo accenna a questo fatto, né è pensabile che l’Imperatore svevo avesse ragione di accanirsi contro un misero villaggio situato al confine tra le due città ghibelline di Bergamo e Cremona a lui fedelissime. (…)

E allora quali sono stati i motivi per cui si sentì la necessità di ricostruire il borgo? Per quanto Bergamo e Cremona fossero alleate, capitavano delle controversie che spesso si risolvevano con la diplomazia. Il comune di Bergamo, per evitare fraintendimenti e piccole diatribe, decise di ricostruire il borgo più a nord, in un territorio totalmente bergamasco, anche per assicurarsi un avamposto fortificato in un’area strategicamente importante: ancora oggi il punto di forza di Romano è quello di trovarsi al centro delle vie di comunicazione che da est a ovest congiungono Brescia e Milano (un tempo città guelfe) e che da nord a sud congiungono Bergamo a Cremona, come detto prima città alleate sotto le insegne ghibelline. Inoltre, con Romano Bergamo poteva controllare i potentissimi Conti di Cortenuova, discendenti dei Ghisalbertini, che da un punto di vista politico si stavano schierando con la guelfa Milano. Secondo la tradizione la nuova Romano venne “incominciata” il giorno di San Biagio, il 3 febbraio del 1171, due giorni dopo la firma del trattato di fondazione con Bergamo. E’ per questo motivo che, nonostante il patrono della città sia san Defendente, festeggiato il 14 settembre, per San Biagio a Romano ci sia il lunapark: si ricorda il compleanno del borgo!

Il centro storico di Romano visto da Google Map: da notare la particolare forma a cuneo del vecchio borgo

Concludendo, il turista casuale consiglia vivamente questa lettura, che serve a chiarire e ad approfondire alcuni aspetti della nostra storia locale senza essere pesante.

Pubblicato da Roberta Lilliu

Il Vademecum del turista casuale nasce da un' idea di Roberta Lilliu, storica dell'arte. Dopo aver concluso i suoi studi e avendo constatato che quello che la incuriosiva era ancora tantissimo, ha deciso di continuare a studiare in modo irregolare. Attualmente collabora con la Proloco di Soncino e la Terza Università della CGIL di Bergamo, ha collaborato con il Castello di Malpaga e la rivista Valle dell'Oglio Magazine