Le fortificazioni del fiume Oglio: le premesse

Vi ricordate? L’ultima volta il turista casuale, introducendo il castello-ricetto di Cividate, ha sottolineato il fatto che il corso del fiume Oglio, nel suo tratto da Sarnico a Soncino, sia caratterizzato dalla presenza di fortificazioni, alcune facilmente leggibili e altre trasformate, qualora fosse venuta a mancare la funzione difensiva. Perché è stato necessario tutto questo?

Il corso dell’Oglio: ad ogni paese fa riferimento una fortificazione, non sempre giunta fino a noi

Da sempre il fiume Oglio è stato oggetto di contese sia per la pescosità delle sue acque sia per l’importanza strategica della sua posizione, a limite delle sfere di interesse politico ed economico del vescovo di Bergamo e di Cremona ad est e del vescovo di Brescia ad ovest. Già in epoca romana sono documentati dei castrum romani, costruiti sia per controllare le vie commerciali che passavano nel territorio ma specialmente per controllare il corso d’acqua. E’ però il Medioevo che vede la costruzione della maggior parte dei castelli.

Il castello di Urago d’Oglio

E’ probabile che questa seconda fase di incastellamento sia da far originare con una vendita di alcuni castelli oggi non più esistenti, considerata illegittima dal vescovo di Brescia, che ne era il feudatario. I castelli di Volpino, Qualino e Ceratello (oggi località del comune di Costa Volpino), di proprietà del vescovo di Brescia, erano stati affidati da
quest’ultimo a un suo vassallo, Giovanni Brusati, che ne disponeva come se fossero suoi
. Queste tre costruzioni erano molto importanti per la loro posizione strategica: costruiti proprio a ridosso del lago d’Iseo e dell’immissione del fiume nel lago, essi potevano presidiarli entrambi e in modo particolare controllare tutti gli scambi commerciali che avvenivano nel Sebino tramite le varie comunità lacustri e la vicinissima valle Camonica. Inoltre costituivano un presidio del potere vescovile bresciano in prossimità dei confini dei territori del vescovo di Bergamo. A causa di questa posizione di confine, Giovanni Brusati aveva necessità di armare in continuazione i suoi soldati per difendere il suo territorio dalle mire espansionistiche di Gislinzone di Mozzo, suo lontano parente, che aveva possedimenti nell’alta val Cavallina, a Sovere e a Lovere, ed era appoggiato dal vescovo di Bergamo.

Il Brusati alla lunga si ritrovò senza denari e, per far fronte alle spese, chiese più volte al vescovo di Brescia di ricomprare i suoi castelli. Alle continue risposte negative di quest’ultimo, il Brusati si rivolse allora al vescovo di Bergamo, ben disposto all’acquisto. I castelli furono successivamente infeudati a famiglie sue alleate, come i Mozzo, i Colleoni, i Crotta. Il vescovo di Brescia, rendendosi conto della perdita, cercò di annullare la vendita rifacendosi ad una legge emanata da Corrado il Salico nel 1037, che vietava la vendita di un feudo da parte del vassallo senza il consenso del feudatario. Interpellato, anche l’imperatore del Sacro Romano Impero Federico Barbarossa, si rifece alla legge di Corrado il Salico, ritenendo la vendita illegittima. Il vescovo di Bergamo però non cedette e nonostante l’invio di ambasciatori rimase a presidiare i castelli di Costa Volpino. Fu così che il vescovo di Brescia si trovò nella condizione di dover dichiarare guerra e così, nel 1156, venne combattuta la Battaglia delle Grumore, presso Palosco. Il trattato di pace venne firmato il 21 marzo 1156 e i castelli di Volpino, Qualino e Ceratello tornarono al vescovo di Brescia.

Resti della Torre di Enrico IV a Palosco: probabilmente il mastio del castello costruito dal vescovo di Bergamo, venne distrutto dopo la Battaglia delle Grumore

Bergamo però, nonostante avesse rinunciato a qualsiasi pretesa di risarcimento, voleva vendicarsi per il torto subito e soprattutto voleva le terre di Volpino così, una volta accantonati i conflitti dei Comuni lombardi contro Federico Barbarossa, nel 1191 la guerra con Brescia si riaccese. Gli schieramenti che si contrapposero erano gli stessi: Bergamo e Cremona, supportate da altre città lombarde e piemontesi, contro Brescia e Milano e il luogo in cui si combatté la Battaglia della Malamorte fu di qualche chilometro più a sud rispetto a Palosco e Pontoglio, ossia nei pressi del castello di Rudiano. I Bergamaschi persero ancora e nel trattato di pace firmato nel 1198 venne sancita la distruzione dei castelli contesi e il divieto per entrambe le parti di edificarne di nuovi.

Resti del castello di Rudiano

Successivamente, quando sia i territori di Bergamo e di Brescia erano sotto il potere della Signoria di Milano, la situazione si stabilizzò: non sono infatti documentati altri sanguinosi conflitti, ma con l’incalzare della Serenissima a partire dal XV secolo, ecco che il fiume tornò ad avere una valenza politica importante. Con la pace di Ferrara del 1428 e successivamente con la pace di Lodi nel 1454, anche l’Oglio acquisì lo status di confine di stato e lo sarebbe rimasto fino al 1797.

Nel XV secolo si vide pertanto una nuova fase costruttiva: a Floriano, l’odierna Torre Pallavicina venne eretta la cosiddetta Torre di Tristano, a Soncino venne costruita la nuova rocca e addirittura Orzinuovi venne fortificata e potenziata come non mai.

Per saperne di più

  • Campagnoni, Martino Angelo, Terra di confine: Costa Volpino, Novecento Grafico, Bergamo, 2011, pp. 96-102, 104-107.

Pubblicato da Roberta Lilliu

Il Vademecum del turista casuale nasce da un' idea di Roberta Lilliu, storica dell'arte. Dopo aver concluso i suoi studi e avendo constatato che quello che la incuriosiva era ancora tantissimo, ha deciso di continuare a studiare in modo irregolare. Attualmente collabora con la Proloco di Soncino e la Terza Università della CGIL di Bergamo, ha collaborato con il Castello di Malpaga e la rivista Valle dell'Oglio Magazine