Lo scomparso castello di Covo e la nascita di un confine

La Bassa Bergamasca è sempre stata una zona di confine: come il fiume Oglio, anche quest’area ricca di fontanili e molto fertile è stata oggetto di contenziosi specialmente tra il vescovo di Cremona e quello di Bergamo, che esercitavano la loro autorità sul territorio senza che ci fosse un confine ben definito e concordato. Di conseguenza questa zona, anche a causa delle precedenti invasioni barbariche, è da sempre stata fortificata: molto spesso dalle mappe antiche si scopre che esistevano molti villaggi, che sono andati poi a spopolarsi perché privi di fortificazioni, a vantaggio dei centri dotati di recinti difensivi.

Il Fosso Bergamasco lungo la Strada della Bellinzana a Covo

Un’altra causa della fortificazione del territorio è stata la presenza di signori locali che, per interessi politici e di potere personale, costruivano fortezze a difesa del proprio feudo. E’ successo proprio questo al borgo di Covo, piccolo paese della provincia di Bergamo, che nel XIII secolo è stato feudo di un importante signore ghibellino, già podestà di Cremona e di Soncino, nominato persino da Dante nella Commedia. Buoso da Dovara esercitava il proprio potere personale nell’Alto Cremonese e, dopo aver tradito il vicario imperiale Ezzelino da Romano e averlo catturato a Cassano d’Adda insieme a Oberto Pallavicino, si ritirò a Covo, che faceva parte del suo feudo insieme alle località di Soncino, Fontanella e Antegnate. Prima del governo di Buoso da Dovara, Covo si trovava più a sud rispetto all’attuale centro storico, che ricalca la traccia del vecchio castello: sono documentate infatti alcune piccole chiese di cui oggi non rimane traccia, perché demolite nel XVIII secolo per ricavare materiale edile utile per la costruzione della nuova chiesa parrocchiale. Si può facilmente dedurre che le antiche abitazioni dei Covesi si trovassero vicino a questi oratori. Buoso da Dovara preferì costruire la nuova Covo fortificata verso nord, dove l’abbondanza di acque dei fontanili circostanti permetteva l’adacquamento continuo del fossato.

L’unica torre superstite delle nove che Buoso da Dovara aveva fatto costruire

A pensarci, il turista casuale rimane impressionato dalla grandiosità del castello voluto da signore ghibellino; era infatti costituito da un recinto fortificato con annesse nove torri, sotto le quali si trovavano altrettante porte; un fossato di cui si è già detto e dei terragli. Di queste costruzioni non rimane più traccia, perché il castello di Covo venne assediato e distrutto nel 1266 dall’esercito guelfo comandato da Napo della Torre, composto da milizie provenienti dalle città di Bergamo, Brescia, Mantova e Milano. Durante l’assedio Buoso riuscì a scappare e a trovare rifugio a Soncino e l’esercito nemico, dopo aver prosciugato il fossato deviando le acque dei fontanili e aver fiaccato il lato sud-ovest delle mura, riuscì a penetrare nella fortezza, distruggendola. L’anno successivo, presso la scomparsa chiesa di San Giorgio di Rumano Vetere, i Bergamaschi e i Cremonesi, in presenza di due nunzi apostolici, firmarono la pace e venne stabilito che la città di Bergamo, a sue spese, scavasse un fosso posto a confine tra i territori del contado di Cremona e tra quelli del contado di Bergamo. I Bergamaschi sfruttarono un canale colatore di probabile origine romana e lo fecero continuare in modo che tagliasse la Bassa trasversalmente. Il fosso collegava il fiume Oglio al fiume Serio e successivamente lo scavo continuò, fino a collegare il Serio al fiume Adda. Il Fosso Bergamasco divenne poi, a partire dal 1428 con conferme negli anni, fino al 1797, un confine di stato vero e proprio, come testimoniano i vari cippi che si possono incontrare lungo il suo tracciato. Ancora adesso il Fosso Bergamasco mantiene la sua funzione di confine: divide infatti i territori della diocesi di Cremona da quelli della diocesi di Bergamo.

L’antico confine fra Ducato di Milano e Repubblica di Venezia

Quante storie si nascondono agli occhi del turista casuale, non siete d’accordo?

Per saperne di più

Alberti, Agostino, Borgo di Covo. Storia di una comunità di confine, Banca di Credito Cooperativo di Calcio e Covo, 1995, pp. 33-40

Pubblicato da Roberta Lilliu

Il Vademecum del turista casuale nasce da un' idea di Roberta Lilliu, storica dell'arte. Dopo aver concluso i suoi studi e avendo constatato che quello che la incuriosiva era ancora tantissimo, ha deciso di continuare a studiare in modo irregolare. Attualmente collabora con la Proloco di Soncino e la Terza Università della CGIL di Bergamo, ha collaborato con il Castello di Malpaga e la rivista Valle dell'Oglio Magazine