Sulla recentissima mostra di Tiziano a Brescia

Io la stavo aspettando da un bel po’ una mostra così e quando l’hanno annunciata al telegiornale mi sono subito organizzata per andare a vederla. Ancora ricordo quando all’università avevo dovuto preparare l’esame di Storia dell’arte moderna incentrata sulla Scuola Bresciana: estenuante e difficile, mi aveva fatto apprezzare quel periodo e lo studio dei cosiddetti pittori locali, distanti dai grandi centri ma ugualmente aggiornati sui nuovi linguaggi artistici. Questo insegnamento era stato così interessante per me tanto che poi aveva influenzato la scelta dell’argomento della mia tesi di laurea.

La mostra, conclusasi all’inizio del mese corrente, si intitolava Tiziano e la pittura del Cinquecento tra Venezia e Brescia ed era allestita all’interno del complesso museale di Santa Giulia. Il costo del biglietto permetteva di accedere anche a quest’ultimo museo e alla Pinacoteca Tosio-Martinengo, riaperta dopo un lungo periodo di chiusura per restauro. Il percorso prevedeva inoltre l’osservazione di un’opera d’arte importantissima per l’arte bresciana del primo Cinquecento, situata ancora sull’altare maggiore della chiesa per la quale era stata pensata: il Polittico Averoldi nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso.

Polittico Averoldi: chi si aspettava di poterlo ammirare da così vicino?

Quest’importantissima opera d’arte viene commissionata da Altobello Averoldi a Tiziano  e arriva a Brescia nel 1522: un po’ come l’arrivo di Lorenzo Lotto a Bergamo circa una decina d’anni prima ha contribuito ad un rinnovamento del linguaggio artistico locale, lo stesso fenomeno si sviluppa in città, dove viene a formarsi una vera e propria scuola di pittori importantissimi composta da Girolamo da Romano detto Romanino, Alessandro Bonvicino detto Moretto e Giovanni Gerolamo Savoldo, bresciano ma vissuto per lo più a Venezia. Il tratto distintivo che accomuna questi tre artisti è che, oltre allo studiare la pittura veneziana contemporanea, tengono alla base del loro linguaggio la fedeltà agli antichi stilemi prettamente bresciani, diffusi dall’opera di Vincenzo Foppa e dai suoi seguaci Floriano Ferramola e Vincenzo Civerchio.

Vincenzo Foppa è un pittore che il turista casuale ha incontrato spesso, nel corso delle sue gite: come non ricordare i fantastici affreschi della Cappella Portinari in Sant’Eustorgio a Milano e il Polittico delle Grazie, ora a Brera, ma un tempo nella chiesa delle Grazie in Città Bassa a Bergamo? Questo artista, nato a Bagnolo Mella nel 1427, viene considerato il maggior esponente della pittura rinascimentale lombarda prima che arrivino a Milano Leonardo e Bramante. La sua prospettiva, differente dalla cosiddetta “toscana”, smorza i contorni e le solidità geometriche grazie ad un uso misurato della luce, in modo che le scene narrate siano il più naturali possibile. Il racconto della naturalezza del quotidiano sarà considerato importantissimo da Roberto Longhi che, nei suoi Quesiti caravaggeschi, lo farà elemento comune nella pittura non solo del Foppa ma anche di Moretto, Moroni e dei fratelli Campi, fino ad arrivare a Michelangelo Merisi.

Cappella del Santissimo Sacramento, gli affreschi di Romanino

Aperto ricettore della cultura figurativa tedesca, conosciuta tramite le stampe, è Romanino, presente, se ci ricordiamo, anche al Castello di Malpaga negli anni Venti del Cinquecento; i suoi visi a volte caricaturali e le sue scene concitate non sempre sono apprezzate dai suoi committenti, come per esempio succede nella cattedrale di Cremona, dove al suo linguaggio anticlassico verrà preferito quello di Giovanni Antonio de’Sacchis, il Pordenone, attivo nella città lombarda dopo un soggiorno a Roma e lo studio del grande Michelangelo. Romanino è influenzato dai Veneziani nell’utilizzo del colore, così come si evince dalla collezione alla Tosio-Martinengo e dalla visita alla cappella del Santissimo Sacramento in San Giovanni Evangelista, dove il nostro è impegnato insieme al collega Moretto a partire dal 1521.

La Deposizione di Bernardo Zenale

Entrando nella cappella, la prima cosa che il turista casuale incontra davanti a sé è la Deposizione realizzata da Bernardo Zenale nel 1509; osservando con attenzione, ci si rende conto di essere circondati dall’opera pittorica dei due Bresciani: a destra il Moretto con La raccolta della manna, Elia confortato dall’angelo, nel lunettone l’Ultima Cena, i Profeti e gli evangelisti Marco e Luca e a sinistra Romanino, con la Cena a casa del Fariseo, la Resurrezione di Lazzaro, la Messa di san Gregorio nel lunettone, i Profeti e gli evangelisti Matteo e Giovanni. Le scene illustrate rappresentano l’interazione fra il Vecchio e il Nuovo Testamento e il dialogo fra Dio e gli uomini è stato illustrato utilizzando le figure dei Profeti, mentre gli Evangelisti sono i testimoni della presenza di Dio fra gli uomini.

Cappella del Santissimo Sacramento: la parte affrescata da Moretto

Le opere di Moretto a Brescia sono moltissime, così come ce ne sono tante in provincia: una molto interessante è la cosiddetta Madonna di Paitone, dove l’abito argentato ricorda moltissimo la ricerca cromatica avviata da Savoldo nella sequenza delle Maddalene.

La Visione di san Matteo di Giovan Gerolamo Savoldo. Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/San_Matteo_e_l%27angelo_(Savoldo)

L’opera di Savoldo è conosciuta solamente fino ad un certo punto, purtroppo: la prima opera di cui si ha notizia è del 1521, quando il nostro aveva circa quarant’anni, realizzata su commissione di Fra Marco Pensaben. Longhi lo considera il bresciano più caravaggesco di tutti: i suoi notturni, con luci soffuse che smorzano i colori, lo rendono molto simile al Merisi, che probabilmente conosceva la sua opera, in special modo la Visione di san Matteo del Metropolitan di New York. In costante colloquio con la pittura veneziana e bresciana del suo tempo, Savoldo va oltre, ricercando soluzioni innovative sia da un punto di vista cromatico che compositivo.

Che dire in conclusione? Ho davvero apprezzato la mostra, ma anche di più la possibilità di vedere alcune opere nel sito per le quali erano state pensate: la collegiata dei Santi Nazaro e Celso andrebbe visitata non solo per il Polittico Averoldi, ma anche per i locali contigui affrescati e solitamente di non facile accesso.

Pubblicato da Roberta Lilliu

Il Vademecum del turista casuale nasce da un' idea di Roberta Lilliu, storica dell'arte. Dopo aver concluso i suoi studi e avendo constatato che quello che la incuriosiva era ancora tantissimo, ha deciso di continuare a studiare in modo irregolare. Attualmente collabora con la Proloco di Soncino e la Terza Università della CGIL di Bergamo, ha collaborato con il Castello di Malpaga e la rivista Valle dell'Oglio Magazine