La pala di San Rocco, storia di un’attribuzione

Oggi il turista casuale approfitta di questa pausa dal grande caldo per parlare di un luogo che gli è tanto caro, in quanto la pala d’altare di questo piccolo oratorio della campagna romanese è stato oggetto di studio per la tesi di laurea magistrale. Anche Romano di Lombardia, come moltissimi paesi del territorio, conserva una piccola chiesa isolata dedicata al santo invocato durante le pestilenze, san Rocco. Nel caso specifico l’edificio viene costruito in occasione della peste del 1631 in un terreno acquistato dalla comunità nel 1503 e indicato nelle fonti con il nome di Gromaglie o Gromalie.

L'oratorio di San Rocco
L’oratorio di San Rocco. Fonte: http://paesi.altervista.org/

Si tratta di un edificio modesto, ad aula unica, preceduto da un portico in cui sono stati affrescati, in facciata, ossa e scheletri, a ricordo della funzione della costruzione, sorta praticamente nel luogo di un cimitero realizzato per l’occasione; il turista casuale però, ormai dieci anni fa, è sempre stato affascinato dalla pala d’altare, fino ad allora non attribuita, che sembrava essere stata realizzata nel XVIII secolo e che presenta, in basso a sinistra, Romano ancora fortificata, da cui partivano i carri dei morti del contagio che poi sarebbero stati seppelliti nel nuovo cimitero.

Il dipinto è indicato come La Vergine e san Rocco intercedono presso la Trinità per le anime purganti ed è scontato che sia stato concepito per l’oratorio di Romano: oltre al già citato scorcio del borgo, sono presenti anche san Defendente, cui ci si rivolgeva in occasione delle pestilenze, e san Biagio, seminascosto accanto al santo cavaliere, entrambi patroni della cittadina. L’impostazione della scena è piramidale e al vertice si trova la Trinità. Dio Padre è seminascosto e l’attenzione dell’osservatore è catalizzata dalla figura di Gesù, che con la mano apre la ferita del costato riversando sul mondo il sangue salvifico. Il suo sguardo è rivolto alla Vergine, alla sinistra di chi guarda, supplichevole insieme al santo santo titolare della chiesa e al santo patrono. Nella parte bassa a destra si notano le anime purganti, oggetto dell’intercessione.

La Vergine e san Rocco intercedono presso la Trinità per le anime purganti

Sarebbe stato logico trovare qualche informazione sul dipinto nell’archivio parrocchiale, come una traccia di pagamento o un contratto, eppure di quest’opera non si hanno indicazioni; pertanto il turista casuale, a suo tempo, aveva indagato sui cantieri aperti a Romano fra Seicento e Settecento e proprio questa pista aveva portato all’attribuzione dell’opera a Giuseppe Brina, o Prina, attivo nel cantiere del santuario della Madonna della Fontana. Il nostro autore nasce, secondo le fonti, a metà del XVII secolo e risulta essere morto nel 1765. A Romano è attivo negli anni Ottanta del Seicento, come dimostra un pagamento registrato dalla confraternita del Santissimo Sacramento. Delle opere realizzate per il borgo non rimane traccia, mentre rimane testimonianza del suo lavoro in Valtellina, in Val Camonica e in Val Seriana: proprio a Vertova, in un altare laterale della chiesa parrocchiale , si trova un dipinto ascritto alla produzione del Brina, che come impostazione e iconografia rimanda molto all’opera di Romano e che aveva permesso l’attribuzione di quest’ultima al pittore bergamasco. Tale attribuzione era stata ritenuta valida dalla professoressa Margherita Zanardi, autrice della scheda su Giuseppe Brina contenuta ne I pittori bergamaschi. Il Settecento, volume 2, a cui si rimanda per un approfondimento.

Pubblicato da Roberta Lilliu

Il Vademecum del turista casuale nasce da un' idea di Roberta Lilliu, storica dell'arte. Dopo aver concluso i suoi studi e avendo constatato che quello che la incuriosiva era ancora tantissimo, ha deciso di continuare a studiare in modo irregolare. Attualmente collabora con la Proloco di Soncino e la Terza Università della CGIL di Bergamo, ha collaborato con il Castello di Malpaga e la rivista Valle dell'Oglio Magazine