Il Compianto su Cristo morto conservato nella chiesa di San Giacomo a Soncino è davvero un pezzo interessante: collocato nella prima cappella a destra, appena sotto la tela di Grazio Cossali, è stato spostato dove lo si può ammirare ora in anni recenti e questo trasloco ha purtroppo causato lo sbiadimento del gruppo scultoreo, una volta colorato, come testimoniano alcune parti che mantengono ancora l’antica pigmentazione.
Andando a rileggere le visite pastorali, si scopre che il Compianto, attribuito dalla critica al figulo cremasco Agostino de’ Fondulis, era collocato inizialmente nella cripta di San Giacomo, nello specifico in un nicchione ricavato sotto lo scalone monumentale che permette l’accesso al presbiterio dalla navata principale. Presso il nicchione si trova l’altare del Sepolcro e in questo ambiente piuttosto umido e buio il Compianto manteneva la sua cromia, purtroppo andata persa a causa del mutamento del microclima dovuto allo spostamento di cui si diceva prima.
Il Compianto di Soncino è composto da otto statue a tutto tondo in terracotta e viene datato al 1480 circa, precedente al gruppo scultoreo dall’analogo soggetto che si conserva in Santa Maria presso San Satiro. Benché la tradizione della lavorazione della terracotta fosse molto diffusa nella seconda metà del Quattrocento nella Bassa cremonese e bresciana, il Compianto di Soncino si rifà ad una tradizione geograficamente più vasta, che vede la presenza di gruppi scultorei analoghi, a volte realizzati anche in legno, non solo in Lombardia ma anche in Piemonte, in Veneto, in Emilia e in alcune zone della Francia e della Germania.
Lo scopo del Compianto è rievocare la Passione di Cristo: le statue sono sempre a grandezza naturale per rendere partecipe nella narrazione il fedele, che è coinvolto da un punto di vista emozionale, anche grazie alla mimica delle statue: si tende alla teatralità ed è possibile riscontrare un collegamento fra questo tipo di rappresentazioni e i riti della Settimana Santa, che prevedono processioni e rievocazioni. Come indicato da Jadranka Bentini, nei Compianti è possibile riscontrare una doppia comunicazione della sofferenza: quella interiore ad ogni personaggio che si espande nel gruppo e quella che esplode all’esterno di quest’ultimo coinvolgendo lo spettatore attraverso la gestualità dei personaggi. Questa teoria è evidente nel Compianto realizzato da Niccolò dell’Arca per la chiesa bolognese di Santa Maria della Vita, dove la tensione emotiva si manifesta in una tragica danza che vede coinvolte, nel turbinio di vesti e nelle espressioni esagitate delle Pie donne.
Il Compianto di Soncino è estremamente diverso da quello appena nominato: Agostino de’ Fondulis, figlio dei figulo Giovanni, si forma a Padova, dove il padre aveva avuto modo di apprendere le innovazioni linguistiche di artisti del calibro di Donatello e Andrea Mantegna, fino a diventare lo scultore più apprezzato dopo la stagione di questi due grandi autori. Tornato nella terra d’origine, Agostino propone un linguaggio più composto e asciutto, di chiara derivazione mantegnesca, più contenuto nelle pose e forse più adatto ad una religiosità più semplice come quella che era diffusa nella campagna cremonese.
Non si tratta dell’unica opera realizzata dal De’ Fondulis: presso la pieve di San Martino a Palazzo Pignano si conserva un altro Compianto, probabilmente quello pensato per la chiesa cremasca di Santo Spirito e Santa Maria Maddalena, progettata da lui.
Per saperne di più
- AAVV, Il Compianto su Cristo morto. Quattro capolavori della scultura emiliana del Quattrocento, Silvana Editoriale, Milano, 1996.