Gli affreschi della cappella del Santissimo Sacramento di Caravaggio

La cappella del Santissimo Sacramento di Caravaggio è, come già detto in precedenza, uno dei primissimi edifici rinascimentali nel contesto lombardo ed è davvero interessante che sia stata costruita in una località di provincia come può essere questa cittadina della Geradadda. In questo post il Turista culturale non vuole interessarsi della presunta attribuzione della costruzione: certo, si ipotizza sia una personalità che abbia avuto modo di entrare in contatto, indirettamente o direttamente, con Bramante a Milano e per questo si è fatto il nome dell’architetto lodigiano Giovanni Battagio, ma si potrebbe presumere, mancando fonti documentarie certe, che il costruttore possa essere anche Agostino De’ Fondulis, attivo sul cantiere di Santa Maria presso San Satiro e già architetto rinascimentale a Castelleone.

La cappella del Santissimo Sacramento vista dall’esterno

In questo post il Turista casuale vuole porre l’attenzione sulla decorazione interna, che fa di questo piccolo ambiente davvero un gioiello che non ci si può lasciare sfuggire se si passa di qua. La cappella, a pianta centrale, è stata decorata da due importanti figure attive nel Cinquecento in Lombardia: prima il caravaggino Francesco Prata fra il 1525 e il 1527 e poi, in due fasi, l’emiliano Bernardino Campi, attivo in città nel 1552 e nel 1571.

Nel libro Pittura tra Adda e Serio. Lodi Treviglio Caravaggio Crema, e nello specifico nel capitolo relativo alla pittura nel contesto caravaggino fra Quattrocento e Seicento, si parla del pittore Francesco Prata, attivo nella cappella del Santissimo Sacramento nel terzo decennio del Cinquecento. Pittore presente con molte opere a Brescia, parte da una formazione locale che gli permette di fare sue le modalità linguistiche del pittore trevigliese Bernardo Zenale, su cui si innestano in un secondo momento influssi del cremonese Altobello Melone ma soprattutto del bresciano Romanino, con il quale si sospetta ci sia stato un rapporto di alunnato. Nello stile di Francesco Prata è facilmente riscontrabile un innamoramento per il classicismo di stampo morettesco, che è quello che viene portato a Caravaggio, dove il nostro decora la cupola della cappella con Apostoli e Angeli musicanti senza grandi risultati.

La cupola con gli affreschi di Francesco Prata

Lasciano senza parole gli affreschi realizzati da Bernardino Campi, pittore non imparentato con i noti Campi cremonesi e a cui, comunque, Bernardino si è ispirato: il nostro, formatosi tra Mantova e Cremona, nell’Ultima Cena di Caravaggio guarda all’insegnamento di Giulio nell’omonima opera per la cattedrale di Cremona, senza però rimanere indifferente alla maniera “veneta” di Camillo Boccaccino, conosciuta nel cantiere di San Sigismondo a Cremona, I due grandi affreschi rappresentanti la Lavanda dei piedi e, come detto, l’Ultima Cena si rifanno al classicismo allora molto in voga a Cremona nell’impostazione iconografica, ma con una tavolozza molto vivace, di chiara matrice veneziana.

La Lavanda dei piedi
L’Ultima Cena

Concludendo, non possono mancare due cenni sulla pala d’altare che rappresenta il Redentore fra angeli, di pittore lombardo di inizio XVII secolo: la critica non è stata in grado di identificare un autore, ma si presume sia un artista che conosceva bene la maniera di Bernardino Campi, in quanto ne riprende un modello precedente. Molto interessanti sono anche le quattro statue in terracotta dipinta che rappresentano i Dottori della Chiesa, attribuite al figulo Giovan Battista Cambi detto Bombarda, morto a Cremona nel 1582 e testimone di una tradizione manifatturiera che continuava a fiorire da due secoli.

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Pubblicato da Roberta Lilliu

Il Vademecum del turista casuale nasce da un' idea di Roberta Lilliu, storica dell'arte. Dopo aver concluso i suoi studi e avendo constatato che quello che la incuriosiva era ancora tantissimo, ha deciso di continuare a studiare in modo irregolare. Attualmente collabora con la Proloco di Soncino e la Terza Università della CGIL di Bergamo, ha collaborato con il Castello di Malpaga e la rivista Valle dell'Oglio Magazine

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