San Rocco a Sergnano: un’interessante scoperta!

A volte si dice i colpi di fortuna… metti una giornata uggiosa, il turista casuale che torna a casa dopo una mattinata di ricerche in biblioteca e sbaglia strada, perché troppo preso a cantare in macchina e che, al posto di fare la via più veloce, si accinge a percorrere quella più lenta, passando dai paesini. E’ così che, procedendo sulla provinciale che collega Bergamo a Crema, ci si imbatte nel piccolo abitato di Sergnano, in provincia di Cremona. L’abitato sorge in prossimità del fiume Serio e, su quello che una volta era il il dosso più alto del paese, è stata costruita la chiesa parrocchiale, edificio imponente risultato di modifiche susseguitesi nel corso degli anni. Le bellezze del paese non terminano qui: appena fuori il centro abitato, dopo il cimitero, si può visitare il santuario della Madonna del Binengo, che ospita al suo interno interessanti affreschi del Cinquecento, e il piccolo oratorio di San Rocco, di cui il turista casuale intende parlare in questo post.

La facciata dell’oratorio di San Rocco: si intravedono i resti di una pittura murale, probabilmente dei santi

Il piccolo oratorio si presenta come un edificio di modeste dimensioni, composto da un’aula e da un’abside, unica parte dell’interno che conserva più testimonianze pittoriche. A dir la verità, anche la facciata doveva essere dipinta: si riconoscono ai lati del rosone centrale due figure umane, probabilmente dei santi, di cui è difficile capire l’identità. Entrando, il turista casuale non può che rimanere colpito dalla decorazione absidale, testimonianza di devozione: si contano in sede almeno due cicli pittorici e alcuni dei riquadri più antichi riportano delle date. Ad esempio in quello in cui si riconoscono san Sebastiano, san Rocco (entrambi titolari dell’edificio) e san Martino, a cui è dedicata la chiesa parrocchiale, oltre al committente è segnata la data di realizzazione, il 9 ottobre 1519.

La decorazione dell’abside: sono visibili le varie fasi decorative, le più antiche più in basso

Queste prime decorazioni vanno intese come affreschi a carattere votivo, mentre il ciclo successivo, attribuito dagli storici locali ad Aurelio Busso e datato verso la fine del secolo, rappresenta dei Santi e i Dottori della Chiesa sulle vele del catino absidale. Il terzo ciclo, che copriva gli affreschi tardocinquecenteschi, era stato realizzato dal cremasco Gian Giacomo Barbelli, ma, a causa dell’umidità era talmente rovinato che è andato perduto. Nel 1947, salvando quanto si poteva di questa ultima decorazione, si è scoperta l’opera del Busso.

San Cristoforo, affresco attribuito ad Aurelio Busso

La sala spoglia presenta sui lati una zoccolatura sporgente, che un tempo doveva essere coperta da tavole di legno: in questo luogo si riunivano i Disciplini della Confraternita di San Rocco, che arrivarono a Sergnano fra XV e XVI secolo. A loro si deve la costruzione dell’aula, che prima non esisteva. Purtroppo, a causa dell’intonaco della muratura esterna non è possibile verificare, ma durante il restauro conservativo del 2002 è stato indicato che la trama muraria dell’abside e quella dell’aula sono diverse, perché realizzate in tempi differenti.

Per quanto modesto, il turista casuale consiglia la visita di questo piccolo gioiello: non sia mai che in questi momenti difficili essere circondati dalla bellezza possa aiutare a lasciarsi i problemi alle spalle per qualche ora!!!

Per approfondire

. Lucchi, Gabriele, Sergnano: storia, arte, leggende. Sergnano, Biblioteca comunale, Parrocchia di Sergnano. 1985, pp. 117-124.

. Giannini, Clementina, Mariani, Paolo, Sergnano: un paese, una comunità, Comune di Sergnano, 2009, pp. 41-48.

Pubblicato da Roberta Lilliu

Il Vademecum del turista casuale nasce da un' idea di Roberta Lilliu, storica dell'arte. Dopo aver concluso i suoi studi e avendo constatato che quello che la incuriosiva era ancora tantissimo, ha deciso di continuare a studiare in modo irregolare. Attualmente collabora con la Proloco di Soncino e la Terza Università della CGIL di Bergamo, ha collaborato con il Castello di Malpaga e la rivista Valle dell'Oglio Magazine