Il turista casuale intervista: Gabriele Cavallini, Aurelio Buso e il Manierismo a Crema

Mentre preparava dell’oratorio di San Rocco a Sergnano, il turista casuale si è spesso imbattuto nel nome dell’artista cremasco Aurelio Buso, conosciuto come Busso dalla fine del XVII secolo, di cui rimangono poche opere attribuite, nonostante le informazioni documentarie esistenti. Grazie alle sue ricerche, lo storico dell’arte Gabriele Cavallini è riuscito a fare chiarezza su questo autore, esponente del Manierismo cremasco.

Il Manierismo a Crema

Chi è Aurelio Buso?

Il nome completo del pittore era Aurelio Capradossi. Fino a poco tempo fa era solo un nome ricordato dalle fonti, ma poi completamente dimenticato e con pochissime attribuzioni: la sua figura e la sua produzione erano avvolte nel mistero. Grazie a ricerche d’archivio condotte soprattutto all’Archivio Notarile di Lodi ho potuto mettere numerosi punti fermi nella sua biografia. Innanzitutto il nome completo: in alcuni documenti compariva un Aurelio Capradossi che sono poi riuscito a collegare ad Aurelio Buso. Era figlio di un pittore, Bernardo, probabilmente veronese. Non . Negli anni Venti ha di sicuro lavorato a Roma, come ricorda lui stesso in un documento degli anni Quaranta. Tornato a Crema dopo il Sacco di Roma del 1527, ha lavorato in numerose commissioni cittadine e del territorio. Ha poi lavorato sicuramente in Palazzo Te a Mantova accanto a Giulio Romano (al quale ha sottratto dei disegni), a Genova e a Milano. Il suo ultimo testamento è del 1582. Va considerato come uno dei diffusori della decorazioni a grottesche nel nord Italia a partire dagli anni Trenta.

Qual è il motivo che ti ha portato a studiare l’opera di questo autore?

Mi sono avvicinato alla figura di Aurelio Buso per la mia tesi di Laurea. Ho scelto di approfondire questo pittore proprio per l’alone di mistero che lo circondava e per la possibilità di svolgere ricerche d’archivio.

Cosa lo differenzia dagli altri pittori cremaschi contemporanei?

La figura di Aurelio si inserisce a Crema in un contesto formato da una bottega principale, quella di Vincenzo Civerchio, e numerose botteghe minori, impegnate in prodotti artigianali, come per esempio le tavolette da soffitto, molto diffuse in città fra il Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento. Civerchio era di formazione foppesca, quindi principalmente lombarda, mentre dai primi anni del Cinquecento giungono da Venezia artisti e dipinti di cultura veneta. Buso rappresenta quindi un canale diretto con la pittura di maniera di stampo romano. Nella sua produzione abbiamo quindi decorazioni a grottesche, facciate dipinte a monocromo, sale affrescate con storie mitologiche. Aurelio ha giocato a mio avviso anche un ruolo negli scambi artistici fra Crema e Genova. Giovan Battista Castello (nipote di Vincenzo Civerchio e cresciuto a Crema) potrebbe essere stato condotto da Aurelio a Genova, da dove sarebbe poi partito alla volta della corte di Filippo II in Spagna.

Nel libro si parla dei cicli attribuiti all’artista: quali sono le loro peculiarità?

Come ho detto, nella sua produzione che è ancora in fase di studio abbiamo decorazione a grottesche, figure mitologiche, facciate dipinte. Fra i cicli cremaschi secondo me certi abbiamo due sale in Palazzo Zurla – De Poli a Crema (una con un soggetto biblico, l’altra con la Favola di Amore e Psiche); gli affreschi strappati da casa Alfieri (ora in Museo Civico a Crema); alcuni lacerti in villa Griffoni Sant’Angelo a Moscazzano; affreschi nella Torre di Azzano; un affresco in controfacciata nel Duomo di Crema; l’abside del Santuario della Pallavicina a Izano. A Genova è di sicuro sua la facciata con le Storie di Ercole del Palazzo della Meridiana. Le grottesche realizzate da Aurelio sono a fondo bianco: questo sancisce il collegamento diretto con le grottesche codificate da Raffaello e dalla sua bottega a Roma. La sua bravura nelle facciate dipinte a monocromo (molte ricordate dalle fonti) indica invece un diretto collegamento con la produzione di Polidoro Caldara da Caravaggio.

Pubblicato da Roberta Lilliu

Il Vademecum del turista casuale nasce da un' idea di Roberta Lilliu, storica dell'arte. Dopo aver concluso i suoi studi e avendo constatato che quello che la incuriosiva era ancora tantissimo, ha deciso di continuare a studiare in modo irregolare. Attualmente collabora con la Proloco di Soncino e la Terza Università della CGIL di Bergamo, ha collaborato con il Castello di Malpaga e la rivista Valle dell'Oglio Magazine