E’ del Crespi o no? Quando un restauro chiarisce ogni dubbio

La chiesa parrocchiale di Pumenengo, nata come cappella palatina del castello dei conti Barbò che si erge davanti, è stata aperta alla comunità solamente nel Settecento; in questa occasione furono eseguiti gli ampliamenti necessari alla struttura e alcune modifiche, come nell’area del presbiterio, e il rifacimento della facciata, come riporta la data nell’architrave dell’accesso principale. Ad ogni modo, il corredo pittorico è di origine più antica ed è probabilmente il frutto delle commissioni dei Barbò, come la tela sull’altare principale che rappresenta la Conversione di san Paolo, realizzata da Marcantonio Mainardi all’inizio del Seicento.

La chiesa parrocchiale di Pumenengo

Sempre all’interno della chiesa, precisamente nel primo altare a sinistra dedicato al Santissimo Sacramento, è posizionata una tela di autore anonimo e che va a riprendere in modo pedissequo un’Ultima Cena realizzata da Daniele Crespi e oggi conservata presso la Pinacoteca di Brera. La tela, inserita all’interno di due colonne tortili in legno, sembrerebbe essere stata adattata al luogo in cui si trova ed alla luce delle ricerche attuali la datazione è difficile, in quanto non esistono documenti parrocchiali relativi alle visite pastorali e anche presso l’archivio diocesano questi sembrano essere inesistenti. Inoltre sembrerebbe anche che nell’archivio Barbò la chiesa non risulti essere citata, nonostante per circa tre secoli la stessa sia stata di proprietà dei feudatari.

La copia dell’Ultima Cena tolta dal suo sito

Perché questo dipinto è interessante? Partendo da un punto di vista prettamente storico, il comune di Pumenengo, come il resto della Calciana, è stato solo nominalmente sotto il dominio milanese e, per quanto riguarda la giurisdizione ecclesiastica, è sempre stato sotto la diocesi di Cremona. Nelle zone appena limitrofe di Pumenengo era molto facile che, fra il Cinquecento e il Seicento, lavorassero maestranze provenienti da Cremona: ritroviamo ad esempio a Torre Pallavicina e a Soncino i fratelli Campi, che nel primo caso affrescarono l’attuale Palazzo Barbò (Giulio e Antonio Campi, 1555-1557) e nel secondo caso l’arco trionfale della chiesa di Santa Maria delle Grazie (Giulio Campi, 1530), oppure il meno noto Aurelio Gatti detto Sojaro, che nella chiesa di Santa Maria in Campagna a Torre Pallavicina lasciò la sua prima opera documentata, ossia l’Assunzione della Vergine, e a Calcio un’Ultima Cena, ora collocata nella nuova parrocchiale, ma un tempo nella pieve di San Vittore. Possiamo dunque dire che il gusto della committenza della Calciana guardava, specialmente in questo periodo storico, a quanto avveniva a Cremona e anche a Pumenengo la situazione non era diversa, come testimonia il già citato dipinto dell’altare maggiore, realizzato dal cremonese Mainardi, nipote del più famoso Andrea. Quanto avveniva a Milano era di poco interesse in questa zona di confine, fino a che i conti Barbò, non solo signori del piccolo borgo della Calciana ma anche conti di Casalmorano, presero residenza anche nella capitale del Ducato. Palazzo Barbò dipendeva dalla parrocchia di Santa Maria della Passione, dove il pittore Daniele Crespi fu operativo entro il 1630, anno della sua morte (ad esempio, è del 1629 il Digiuno di san Carlo Borromeo). Chi scrive aveva ipotizzato che i conti avessero commissionato al pittore una copia della sua bellissima Ultima Cena e che questa fosse stata realizzata da qualche collaboratore, vista la destinazione del dipinto, ma il recentissimo restauro del 2019 ha fatto in modo che per la pala di Pumenengo ci fosse una precisa datazione, il 1847. Il dipinto era un dono del feudatario e purtroppo non si sa cosa ci fosse in precedenza in questo spazio, ma la ricerca continua e speriamo che si possa ricostruire la storia di questo altare!

La data sul retro della tela

Nonostante tutto, il dipinto è molto bello e possiamo comunque osservarlo da vicino: trattandosi come già detto di una copia del dipinto di Brera, ecco cosa possiamo leggere sulla pagina del sito, dove sono riportati i termini cronologici in cui il dipinto di Crespi era stato realizzato, ossia fra il 1629 e il 1630; tenendo valida la data presunta di morte dell’autore, è lecito pensare che la tela sia una delle ultime opere da lui realizzate. Il dipinto era stato commissionato per la chiesa benedettina di Brugora, a Besana Brianza, soppressa all’inizio dell’Ottocento. La composizione risente molto dell’impostazione iconografica che era stata data a suo tempo da Gaudenzio Ferrari nell’analogo soggetto nella chiesa di Santa Maria della Passione, risalente agli anni 1541-1542, che si rifà alle composizioni nordiche tralasciando l’impostazione orizzontale del Cenacolo vinciano di Santa Maria delle Grazie (1495-1498). Nella scheda della Pinacoteca è riportato che Crespi realizzò una sintesi fra questi due modelli, in quanto il raggruppamento delle teste e la vivacità degli Apostoli vanno ricercati nell’affresco vinciano. Sembrerebbe che la pala di Brera si rifaccia al racconto evangelico di Giovanni: si vede chiaramente infatti quest’ultimo con la testa reclinata sul petto di Cristo, che ha appena annunciato ai commensali che uno di loro l’avrebbe tradito; ciascuno guarda l’altro come a cercare risposte e solamente Giuda, che riconosciamo perché tiene in mano il sacchetto con le trenta monete, rivolge lo sguardo al di fuori della tela. L’apostolo è posto agli antipodi rispetto alla figura di Gesù, come da iconografia assodata. Rifacendosi al Vangelo di Giovanni, l’autore avrebbe dovuto rappresentarlo nell’atto di ricevere da Gesù il boccone intinto, invece in questo caso è stato rappresentato con un pezzetto di pane in mano. Come nella composizione gaudenziana, anche in questo caso lo sfondo architettonico è ben delineato e nella parte superiore della tela sono visibili due angioletti che reggono un cartiglio dove è leggibile Panem angelorum manducavit homo, ripreso dal salmo 77. La scena, fortemente animata grazie al movimento degli Apostoli di cui si è detto prima, presenta un’altra figura che rivolge lo sguardo all’osservatore, oltre a Giuda: in alto sulla sinistra si distingue la figura di un cameriere che sembra portare un vassoio carico di pietanze e vestito secondo la moda contemporanea all’autore. Anche questo elemento sembra essere stato ispirato a Crespi da un altro autore, infatti il pittore Giovan Battista Moroni ripropose lo stesso espediente nella sua Ultima Cena conservata presso la parrocchiale di Romano di Lombardia e dipinta fra il 1568 e il 1569.

Bibliografia.

  • I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Raccolta di studi a cura della Banca Popolare di Bergamo. Il Seicento, tomo II, Bergamo, Edizioni Bolis, 1984, p. 32.

  • Gregori, Mina (a cura di), I Campi e la cultura artistica cremonese del Cinquecento, Milano, Electa, 1985, pp. 231-237.

  • Pittura a Cremona. Dal Romanico al Settecento, a cura di Mina Gregori, Milano, Cassa di Risparmio delle Province Lombarde,1990, pp. 49-58.

  • Lilliu, Roberta, Sulla parrocchia dei santi Pietro e Paolo di Pumenengo, in I Quaderni della Geradadda, n. 20, Credito Cooperativo di Treviglio, 2014, pp. 19-33.

Pubblicato da Roberta Lilliu

Il Vademecum del turista casuale nasce da un' idea di Roberta Lilliu, storica dell'arte. Dopo aver concluso i suoi studi e avendo constatato che quello che la incuriosiva era ancora tantissimo, ha deciso di continuare a studiare in modo irregolare. Attualmente collabora con la Proloco di Soncino e la Terza Università della CGIL di Bergamo, ha collaborato con il Castello di Malpaga e la rivista Valle dell'Oglio Magazine